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L’intervento della presidente Cristina Brandolin alla Conferenza nazionale sulla salute mentale

Nell’ambito della seconda Conferenza nazionale sulla salute mentale organizzata dal Ministero della salute, tenutasi dopo un periodo di vent’anni e in onda sui canali social del Ministero, è intervenuta anche la presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Trieste, Cristina Brandolin, in qualità di referente designata dalla Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche, portando un contributo dedicato al “lavoro d’équipe in salute mentale”.
“I Servizi di Salute Mentale di comunità a livello nazionale non vedono ancora una piena realizzazione che sarebbe quanto mai necessaria” ha aperto il suo discorso Brandolin. “In quest’area della salute di comunità, in modo particolare, il modello della “complessità” deve essere alla base di ogni interazione, a partire dalle politiche sanitarie e socio sanitarie per arrivare alla “organizzazione che cura”. L’intervento sui determinanti della salute è oggi fondamentale nei percorsi di presa in carico, di cura e di “recovery“. Le équipe di lavoro, che per loro intrinseca natura tendono ad essere conflittuali, condividono principi, valori e pratiche che guidano i professionisti nel loro lavoro quotidiano. Il non sempre facile lavoro di questi Servizi, che si interfacciano con una molteplicità di interlocutori non solo e non sempre sanitari, è possibile grazie a una cultura organizzativa condivisa dove la risposta ai bisogni di salute delle persone deve sempre essere messa al primo posto”.

“Come in tutti i contesti dell’organizzazione sanitaria – ha proseguito la presidente dell’OPI Trieste – il rischio di autoreferenzialità di singoli professionisti o di gruppi professionali è sempre presente anche nei gruppi che costituiscono le équipe. Gestirle è un lavoro sicuramente complesso”. Brandolin ha proseguito toccando un altro tema fondamentale. “Quando parliamo di modelli, per forza di cose dobbiamo introdurre anche il tema delle risorse, delle dotazioni e della formazione: sappiamo che negli ultimi anni le dotazioni si sono sensibilmente ridotte, inoltre a livello nazionale la formazione del personale sanitario per quanto concerne le cure di comunità è ancora carente considerando l’aumento delle patologie a lungo termine e quanto evidenziato da dati statistici ed epidemiologici. Nell’area della salute mentale del territorio anche i ruoli delle professioni all’interno dell’équipe sono cambiati e si evolveranno ulteriormente in quanto è cambiata e continua a cambiare la domanda che arriva ai Servizi e la tipologia di persone che vi afferiscono. Oggi gli infermieri hanno maggiori competenze e responsabilità rispetto al passato, ma per la professione che rappresento è quanto mai necessario migliorare la formazione in quest’area, in termini qualitativi e quantitativi, a partire dalla formazione di base per poi passare ai successivi livelli (master e dottorati)”.

“Definiti in un lontano passato “guardiani dei matti”, oggi grazie anche all’evoluzione di tutta l’infermieristica negli ultimi vent’anni, oltre alla responsabilità assistenziale hanno sviluppato competenze organizzative e gestionali ricoprendo incarichi strategici anche per il funzionamento dei Servizi di Salute Mentale. Ribadendo l’importanza della formazione, sarebbe altresì utile e innovativo promuovere una maggiore integrazione delle persone che hanno vissuto l’esperienza diretta del disagio e della malattia mentale e dell’attraversamento dei Servizi; si tratta di persone che hanno e avrebbero sicuramente molte esperienze da condividere e molti spunti da fornire a tutti i professionisti del settore. L’esperienza fatta in questi anni a Trieste con i “peer”, dall’Inglese “peer support workers” ovvero persone che per motivi di salute sono entrate in contatto con i Servizi di Salute Mentale e sono poi diventate “operatori alla pari”, si è rivelata vincente in tal senso”.